Un varesotto scampato al Titanic e la sua ricetta degli spaghetti “alla Titanic”



Era Emilio Portaluppi di Arcisate: probabilmente ambiva alla notorietà come scultore, la sua professione, invece è famoso per essersi salvato dal naufragio che è diventato una delle più grandi tragedie nell’immaginario collettivo ( è sufficiente vedere quanti siti sono dedicati all’argomento e al Portaluppi ).
Il Titanic pur celebrata come nave inaffondabile fu assicurata dagli armatori, quindi i dubbi comunque c’erano!, per 5,6 milioni di dollari: 4,9 milioni per lo scafo piu' 700 mila dollari per interessi ed esborsi vari, in caso di perdita totale della nave era stata attivata.

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Recentemente si è scoperto che la causa della debolezza della struttura furono i rivetti usati per le fiancate: essendo intervenuta una crisi economica durante la costruzione il cantiere usò rivetti di media qualità anziché quelli di ottima qualità previsti nel progetto.
Il Titanic salpò da Southampton, in Inghilterra, l'10 aprile 1912 con destinazione New York per il viaggio inaugurale. Per quel primo e unico viaggio salirono a bordo 2.227 persone. Il 14 aprile 1912, alle ore 23:40 avvenne la tragica collisione con un iceberg e, poche ore dopo, l'affondamento. Alle prime ore del mattino del 15 aprile, più di 1.500 erano morte (anche a causa del sottodimensionato pacchetto di scialuppe di salvataggio solo 20 per una capacità totale di 1178 persone, data la presunta inaffondabilità della nave), i superstiti furono circa 700.

Tra coloro che , salvatisi, chiesero i danni per le perdite subite ci fu anche il nostro arcisatese, infatti domandò 3 mila dollari per la perdita di un ritratto ad olio di Giuseppe Garibaldi, un'opera che, si legge nella richiesta, "era firmata dallo stesso ed era stata donata, al nonno dell'assicurato, dall'Eroe dei Due Mondi".


Chi era Portaluppi?

Emilio Ilario Giuseppe Portaluppi nasce ad Arcisate il 15 ottobre 1881  e muore sempre ad Arcisate il 18 giugno 1974.
Dopo i primi anni passati a sbozzare e lavorare la pietra, segue la strada già avviata da moltissimi emigranti della Valceresio e partì per Barre, Vermont, la capitale mondiale del granito, nel 1903. Il suo talento tecnico e artistico lo portò a Milford, New Hampshire. Viene descritto come scultore più che scalpellino, cosa che lo faceva emergere alla Tonella & Sons Granite and Manufacturing Company specializzata in monumenti funerari di ogni tipo, ma anche nella pavimentazioni e opere in pietra. Successivamente lo troviamo impiegato presso la P.C. Felli & Co.. Portaluppi che si era sposato con la concittadina Enrichetta Bessoni da cui aveva avuto una figlia si separò nel 1910. Madre e figlia tornarono in Italia.

Nell'autunno del 1911 Portaluppi fece un viaggio in Italia per rivedere la famiglia. Nella primavera del 1912 decise di ritornare in America e acquistò un biglietto di seconda classe sul Titanic. Si imbarcò a Cherbourg in Francia e il 14 aprile 1912 fu uno dei sopravvissuti alla tragedia. Abbiamo anche il numero del suo biglietto : C.A. 34644.
Il suo racconto della traversata è probabilmente confluito più tardi nei racconti che diede ai  nipoti, amici e conoscenti durante le passeggiate sia ad Arcisate sia ad Alassio.

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IL 14 aprile 1912 si era coricato presto. Fu destato da un tremendo scossone che altro non era che la conseguenza dello scontro con l’iceberg e forse l’esplosione delle caldaie. Pensò anche di esser già attraccato al molo di New York. Salì in coperta dove non notò niente di strano, ma ebbe la sensazione che doveva essere successo qualcosa. Rientrò in cabina, si rivestì e ritornò in coperta proprio mentre calavano una scialuppa di salvamento. Con l'aiuto del giubbotto di salvataggio e dall'essersi tenuto sopra ad un pezzo di ghiaccio riuscì a mantenersi a galla. Aveva nuotato verso una delle scialuppe, sulla quale il marinaio che la governava aveva tentato di impedirgli di salire menando colpi di remo. Era stata una donna a fermare il braccio del marinaio, e grazie al suo intervento il Portaluppi si era salvato. C'erano altre 35 persone nella scialuppa numero 14 quando fu issato a bordo.
Portaluppi asserì di essere caduto accidentalmente in mare e di avere nuotato per almeno due ore prima di essere ripescato da una scialuppa, ma forse potrebbe essersi imbarcato sulla scialuppa stessa mentre veniva calata in acqua. Ricordi discordi e anche immagini giornalistiche inventate o giù di lì. Portaluppi fu salvato dal Carpathia. Questa nave giunse  sul posto due ore dopo l’affondamento e recuperò i naufraghi e   partì per New York, dove giunse il 18 aprile con 705 superstiti.

I giornali locali diedero ampio spazio alla sua vicenda e posero l’accento sul trauma emotivo creato dall’affondamento della nave, dalla tragedia causata dalle centinaia di persone che aveva visto galleggiare sull’acqua o perdere la vita e dalla prolungata permanenza in mare senza precise notizie sul futuro. In realtà la paura dell’acqua non gli impedì nel 1914 di riprendere la via del mare per tornare in Italia dove prese parte alla prima guerra mondiale nell’esercito italiano.
Nel 1919 lo troviamo nuovamente negli USA a Passaic, New Jersey. Vicende alterne con frequenti viaggi tra Stati Uniti e Italia.
Nel 1938 Portaluppi è residente a Brooklyn, New York impegnato nella società A. Farranda & Son in Woodside, New York. Per problemi con la cittadinanza e con la famiglia decise il ritorno  in Italia nel 1965 a bordo del piroscafo Cristoforo Colombo per restare poi a trascorrere gli ultimi anni ad Arcisate accanto alla figlia e alla sua famiglia. Alternava qualche vacanza ad Alassio dove la fama di sopravvissuto con altri 650  del Titanic lo aveva preceduto e accompagnato nelle sue passeggiate sul lungomare.

Gli spaghetti “alla Titanic”

Ad Alassio alloggiava alla pensione-ristorante Palma, il cui proprietario, Silvio Viglietti, aveva preferito barattare la toga di avvocato con il grembiule da cucina. Emilio raccontava e riraccontava, durante le sue passeggiate per il lungomare di Alassio, il naufragio dell’inaffondabile Titanic.

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«Avevo perso tutto quella notte, denaro, abiti, libretto di lavoro… ma qualcosa ero comunque riuscito a salvare: una ricetta!». Si trattava della ricetta che, proprio la sera prima della tragedia, lui aveva chiesto a uno degli chef del transatlantico: il piatto di pasta gustato quel giorno era stato, a suo parere (e a sua memoria), assolutamente eccezionale.
Aveva fatto partecipe di quella ricetta Silvio Viglietti, che per anni ne aveva fatto il fiore all’occhiello del menù del Palma, sotto il nome di «Spaghetti alla Titanic» aggiungendo alla ricetta originale i frutti di mare.

Portaluppi, forse arricchendo il racconto o forse per qualche scherzo della memoria, diceva di aver degustato gli spaghetti di cui aveva chiesto e ottenuto la ricetta nella sala da pranzo di prima classe ma in effetti nel menu servito in seconda classe, a mezzogiorno, vi erano  indicati “ spaghetti al gratin”. ( da un vecchio numero di Slow Food )


Spaghetti alla Titanic di Silvio Viglietti dell’hotel Palma di Alassio

Così il Viglietti in un articolo pubblicato sul periodico “ L’ Alassino ” N. 11 del 17 Novembre 2005

Forse qualcuno tra i non più giovani si ricorderà di quel vecchio ometto distinto che con il suo bastone (che lui chiamava “la mi mié” (mia moglie), per oltre venti anni dal 60 all’ 80 del secolo scorso ha vissuto in pensione ad Alassio proprio da me all’albergo Palma e che parlava amichevolmente con tutti e tutti riconoscevano perché era l’ultimo italiano tra i superstiti del naufragio del Titanic, la nave affondata a causa dell’urto con l’iceberg nell’ottobre del 1912! Era il prof. Emilio Portaluppi di Arcisate Varese: ogni anno il giorno dell’anniversario del naufragio nel mio ristorante celebravamo il suo compleanno con trent’anni in meno, perché lui diceva giustamente che essendo scampato alla morte si riteneva rinato in quel giorno e siccome allora aveva trent’anni li contava in meno; ragionamento logico! Organizzavo per l’occasione un grande pranzo cui erano invitati autorità e giornalisti, cosa che procurava notevole risonanza perché abbondavano gli articoli e le foto su giornali e riviste che pubblicavano la vera storia del naufragio con particolari inediti arricchiti dal vecchio professore con molti particolari, così come quello di essere stato salvato dalla proprietaria di “Times” che si trovava sulla scialuppa a cui il Portaluppi si avvicinò e che intercesse per lui tirandolo a bordo mentre i marinai lo allontanavano con i remi; e lui aveva una pistola di madreperla in bocca, raccolta prima di buttarsi dalla tolda del Titanic tra i flutti gelati per il ghiaccio, pistola che dovettero strappargli di bocca poco a poco; la signora era Lady Astor.

In quell’occasione avevo ideato e trasformato un piatto di spaghetti di cui vi do la ricetta perché oramai nel mio ristorante non la faccio più e dubito che la troverete così buona altrove, anche perché sarebbe troppo cara ad essere servita. Non esistono dosi perché si va ad occhio, secondo il piacere e le quantità che ognuno vuole gustare. Non si può servire in un piatto solito ma è preferibile servire gli spaghetti alla Titanic in un grande piatto da portata oppure in singole “gumbine” cioè piatti a forma di insalatiera ben larghi.

Ecco quindi come prepararli:

Fate una padellata di questi pesci e molluschi a piacere, dopo averli puliti e sgusciati se occorre, facendoli saltare in una grande padella in cui avrete versato alcuni cucchiai di olio extravergine di oliva e uno spicspicchio d’aglio, che toglierete quando sarà ben dorato. Cuocete a fiamma viva per 10 minuti, quindi mettete tutto a parte lasciandolo al caldo in padella. Ecco quanto serve: gamberi, scampi, aragosta a trancio, muscoli, vongole, totani tagliati, calamaretti pennini, moscardinetti tipo fragoline di mare, spuncia, bocconcini di pesce spada, coda di rospo e tonno fresco a pezzetti; due funghi porcini cubettati. Dopo aver brasato bene per 10 minuti il tutto, irrorate con due bicchieri di bianco Pigato (secco e aromatico) e lasciate sfumare. Cuocete intanto gli spaghetti da 80 a 100 grammi a persona, colateli al dente, buttateli in un’altra padella larga in cui avrete precedentemente fatto riscaldare olio d’oliva extravergine assieme a due cucchiai a persona di sugo pronto di pomodoro. Saltate gli spaghetti aggiungendo ad essi (a piacere) dei fiori di origano (carnabuggia) e prima di servire anche una abbondante manciata di foglioline di basilico. Sistemate sul grande piatto da portata o nelle singole “gumbine” e sopra agli spaghetti versate il contenuto a piacere della padellata di frutti di mare. Ancora un filo di olio extravergine di oliva e una spruzzatina di pepe aromatico, magari pepe rosa. Questo piatto va accompagnato da un vino secco e aromatico come il Pigato DOC o un bianco trentino o un Sauvignon del Collio.


Se qualche chef  dovesse provare  la ricetta è obbligato “ moralmente “ ad invitarmi e buon appetito a chi la assaggerà!


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sala da pranzo di seconda classe
del Titanic




fernando cova

febbraio 2009


pubblicato su < Calandari d'ra Famiglia Bosina par ur 2010 >